Analizzare gli affreschi presenti sui piloni votivi e sui muri delle case vuol dire parlare di quegli artisti, indicati come "pittori itineranti", che percorrevano le Valli Alpine.
La tradizione dei pittori itineranti affonda le proprie radici nella Storia dell'arte e richiama alla mente le botteghe che, già in epoca medievale, si proponevano al di fuori degli itinerari classici.
Con il passare dei secoli, sotto il profilo artistico, i livelli di qualità si sono differenziati e con la definizione di "pittori itineranti" si sono sempre più riconosciuti coloro che giravano di paese in paese offrendo i loro affreschi per compensi accettabili (talvolta anche per un pasto caldo) a clienti di modeste possibilità: esisteva uno stretto rapporto tra frescante e committente di solito "vicini" per formazione culturale e per sensibilità.
L'imitazione dei modelli faceva riferimento all'agiografia classica ed era accompagnata da una tecnica essenziale poco ricca di inventiva e povera nell'uso dei colori.
Gli affreschi murali, i piloni votivi, le cappelle per la loro semplicità, e talvolta per la loro ingenuità, sanno trasmettere un intenso spirito espressivo e raccontare una storia, che con il passare dei secoli, è diventata tradizione[1].
Su sette dei ventisei piloni votivi studiati, è possibile leggere la sola data di esecuzione delle pitture, su tre il solo nome dell'autore, e, su undici, entrambe le informazioni.
Per gli altri piloni non si conosce né la data di costruzione o di realizzazione degli affreschi, né il committente né il pittore.
Spesso, grazie ad un confronto stilistico con piloni ed affreschi murali, datati e firmati, dell'area in questione, della valle e delle zone vicine è stato possibile attribuire un autore ed un arco cronologico relativamente certo ad opere, che allo stato attuale di conservazione, sono dubbie.
Risulta infatti che ogni artista abbia lavorato in più opere, anche se non si possono escludere casi di realizzazioni singole, dove l'autore compare, identificabile dalla firma o meno, una sola volta.
In tutto sono stati individuati quattro autori, di quasi tutti si hanno scarse notizie.
Giorgio Boneto: "Giors Boneto pitore di Paisana", come solitamente si firmava.
Sappiamo che è nato a Pratoguglielmo in valle Po, nella parrocchia di Santa Margherita di Paesana (dove si trova ancor oggi il suo atto di nascita), il 10 febbraio del 1746[2].
Attivo tra la fine del Settecento ed i primi anni dell' Ottocento è certamente l'autore che ha lasciato il più gran numero d'opere, per la maggior parte su piloni votivi e case private.
Numerose sono inoltre le opere a lui attribuibili, che dimostrano l'apprezzamento nei confronti dei suoi affreschi e fanno pensare anche all'ipotetica esistenza di una sorta di "scuola" (ancora tutta da definire) che per caratteristiche tecniche e compositive avvicina molti soggetti degli affreschi realizzati nello stesso periodo.
Boneto è uno di quegli artisti itineranti, specializzati nella raffigurazione di soggetti religiosi, i quali si spostavano di valle in valle.
Le prime esperienze come frescante le realizzò in Valle Po, nei luoghi intorno alla sua terra d'origine; da qui seguendo l'itinerario del Colle del Prete, allora abituale via di comunicazione transvalliva, egli passò in Valle Varaita.
Nel 1777 è attivo nella zona di Becetto, nel comune di Sampeyre.
Negli anni successivi dal 1778 al 1780 è presente ancora nella zona di Sampeyre[3] e Rossana[4], nel 1779 è a Brossasco, nel 1780-81 ancora a Rossana.
In alta Valle Varaita ha realizzato gli affreschi di un unico pilone votivo a Bellino[5.
Nel 1782 è attivo nella Valle Maira dove lavora, con intervalli, fino al 1809[6].
Negli anni 1790-91, nel 1803 e nel 1810 torna nuovamente a Sampeyre, Rossana e Brossasco dove permane fino al 1817; dopo questa data se ne perdono le tracce.
Il suo territorio d'azione si è andato estendendo anche alla Valle Grana (affresco datato 1800) e alla Valle Stura.
Unica opera di Boneto in pianura è un affresco su casa privata a Faule (Cn); realizzazione molto particolare poiché questo artista era solito lavorare principalmente nelle zone montane.
I suoi lavori iniziali denotano un tratto molto semplice, le figure rappresentate sono imponenti, dai volti ovali con grandi mani fissate in atteggiamenti rigidi, non c'è prospettiva e la rappresentazione del paesaggio, quando è presente, è limitata a pochi tratti essenziali.
I colori usati sono tenui e caldi con predominanza delle terre e dell'ocra.
Il periodo migliore è quello della Valle Maira: qui le composizioni si arricchiscono di colore e di particolari narrativi; come, ad esempio, nel racconto di un avventuroso pellegrinaggio in un dipinto a Centenero di Stroppo[7]e, a Rossana, in un affresco murale, con la raffigurazione del carro processionale di San Magno.[8]
Nel territorio analizzato l'artista ha firmato un solo pilone votivo, in altri due gli affreschi sono attribuibili alla sua mano[9].
Giuseppe Gauteri: primogenito di sette fratelli è nato a Busca il 30 settembre 1805 da Lorenzo Gauteri e Marta Maria Rivoira.
Proveniente da una famiglia di cavalieri, soldati, chierici, mercanti e pittori, si trasferì e visse prima a Rossana, poi, per ragioni di lavoro in quanto il padre era un noto pittore, a Levaldigi ed infine a Martiniana Po.
Nel 1832 si sposò con Ludovica Anna Costamagna di Revello ed ebbe due figli Catterina e Giovanni Battista.
Morì l'11 dicembre 1878.[10]
Giuseppe Gauteri è conosciuto oltre che per le sue opere sia su piloni votivi che su abitazioni, per essere l'autore degli affreschi del pilone di Valmala fatto erigere nel 1835 sul luogo delle apparizioni da Giuseppe Pittavino padre di una delle veggenti[11].
Il pittore, per l'occasione, si ispirò, nella realizzazione della Madonna, all'immagine, della Madre della Misericordia di Savona, presente in un quadro comprato dal committente a Venasca e la dipinse commentandola con la scritta "Grandissimo miracolo di vedere Maria Santissima della Misericordia in questo luogo durante giorni cinquanta".
Il Gauteri firmando le sue opere talvolta si qualificava come "fratello di tre cavalieri"[12] alludendo ai suoi più famosi fratelli, Francesco, Luigi e Lorenzo, pittori di maggiore fama (e capacità artistiche) insigniti del titolo di cavaliere ed autori di cicli pittorici più impegnativi nelle chiese dell'area saluzzese, (come nel duomo di Saluzzo, dove Luigi e Francesco realizzarono la decorazione neogotica negli anni 1849-1855[13]), nella parrocchiale di Rossana e di Sampeyre[14].
Tra il 1860 e il 1878 Giuseppe Gauteri ebbe modo di dipingere almeno sedici opere, tra affreschi su case e piloni votivi, in alta Valle Po[15]; dieci sono le opere censite ed analizzate a Rossana, realizzate tra il 1842 e il 1858[16].
In Valle Varaita (media ed alta) sono circa ventidue i piloni votivi affrescati dal Gauteri, oltre a numerose pitture murali presenti in molte borgate.
Il Gauteri è già presente in Valle Varaita nel 1832 (affresco a Rore, Vallone Rostagno), e nel 1839, ("Piloun Ressio Vieio", Villar).
Il suo intervento è attestato anche negli anni 1843-1856 pur se con minori realizzazioni. Gli anni di più intensa attività coincidono con quelli della Val Po e Maira (1860-1878), fatto che non deve stupire se si tiene conto dell'abitudine di questi pittori itineranti di spostarsi facilmente da valle a valle.
Nel territorio analizzato Giuseppe Gauteri ha realizzato gli affreschi di tre piloni votivi.[17] È possibile evidenziare alcune caratteristiche esecutive, facendo un confronto tra le pitture murali e i piloni realizzati nella Valle Varaita, nella Valle Maira e nella Valle Po.
Le figure rappresentate denotano una certa ricerca stilistica e di resa dei sentimenti, pur mancando molte volte di capacità prospettica.
Il paesaggio raffigurato è solitamente poco studiato e reso con tratti schematici ed essenziali.
Negli spazi stretti delle nicchie, l'autore, è riuscito a collocare meglio i soggetti rispetto a quanto realizzato negli affreschi, dove, a causa della maggior ampiezza dell'area, questo risultato è venuto meno.
Così molte opere sono rimaste penalizzate nel posizionamento un po' casuale delle diverse figure.
I colori impiegati sono intensi, particolare è l'uso del rosa che si può dire sia il tratto distintivo dei piloni affrescati dal Gauteri.
Tommaso Francesco Testa: di questo autore si hanno poche notizie.
È nato a Pratolungo di Sampeyre nel 1867 e qui deceduto nel 1934.
Oltre a svolgere l'attività di pittore era anche maestro alle scuole della sua borgata nativa, in un periodo in cui la montagna era molto popolata e quasi ogni frazione aveva una scuola[18].
Numerosi sono in media e alta Valle Varaita i piloni votivi da lui affrescati: se ne contano su tutto il territorio trentadue.
Ha lasciato anche numerosi affreschi su case private e alcune opere nelle cappelle, come, gli affreschi esterni nella Cappella dei Santi Rocco e Sebastiano a borgata Rossi (Sampeyre), realizzati nel 1930, o le pitture e gli stucchi del coro della Cappella di Santa Delibera a Morero (Sampeyre), realizzati nel 1908.
È stato anche autore di alcuni quadri di soggetto devozionale[19]e di restauri su piloni votivi.
Nell'area analizzata ha realizzato gli affreschi di un solo pilone votivo ("Piloun Champ Garnìe" a Foresto ) e restaurato il pilone di borgata Martini nel 1925.
Francesco Agnesotti: (Sampeyre 1882- Milano 1960).
È stato l'ultimo erede dei pittori di arte sacra "itineranti".
Egli fu sostanzialmente un frescante e le sue opere sono disseminate su molti piloni, case, cappelle e chiese sia in Val Varaita che nelle regioni limitrofe.
Basti ricordare a Sampeyre gli affreschi realizzati sulla volta del presbiterio della Chiesa della Confraternita, raffiguranti l'Assunzione di Maria Vergine.
Meno consistente la produzione su tavola, una tela "Madonna Mediatrice" (1957) è collocata nella Chiesa Parrocchiale di Sampeyre.
Di Agnesotti sono anche due piloni a Cravegna, in val Sesia, dipinti nel 1943 e nel 1954. Si conoscono di quest'autore due ex voto conservati l'uno nel Santuario di Valmala e l'altro in quello di Crissolo[20].
Nell'area presa in esame, di Agnesotti si registrano sei realizzazioni.
Questi ultimi due autori, Tommaso F. Testa e Francesco Agnesotti, non hanno una tecnica artistica propria, ma, come bravi tecnici, riproducono secondo schemi già collaudati.
Da destra: in piedi Agnesotti Francesco, Agnesotti padre, Martin Antonio, Martin Giuseppe, Martin Giuseppe (bambino in braccio), Martin Anna Maria, Cayre Maddalena, Cayre Chiaffredo. (Fotografia dell’Archivio Fotografico Martini-Pignatta del Museo Storico Etnografico di Sampeyre)