III. I Santi.

Nei piloni votivi le pareti laterali sono occupate dalla raffigurazione dei Santi, i quali, sono considerati gli "intermediari" tra Dio e gli uomini, coloro che hanno acquistato la propria credibilità con i miracoli, che hanno aiutato l'uomo nella lotta contro la paura delle malattie e del demonio.
I piloni dei secoli passati costituiscono una testimonianza visiva della storia del sentimento religioso del popolo devoto, della sua preghiera e delle sue invocazioni nelle età delle grandi paure naturali e sociali.
I Santi, essendo in gran numero, possono descrivere con maggiore ricchezza gli intenti di devozione.
Il committente, scegliendo di far raffigurare un particolare Santo, manifesta le cause che hanno fatto desiderare l'opera, proprio perché esso è definito protettore di eventi specifici.
Va osservato peraltro che nei piloni processionali spesso è raffigurato il Santo patrono della Chiesa da cui parte la processione, così come nei piloni di crocevia molte volte vengono affrescati i Santi Patroni di paesi e frazioni a cui conducono le strade dell'incrocio, fungendo, le immagini, da segnaletica atte ad indicare l'itinerario verso le chiese.
In altri casi, le immagini dei Santi, fanno riferimento all'itinerario verso Santuari locali (in Val Grana, ad esempio, diffusa è la raffigurazione di San Magno sui piloni che si incrociano sulla strada principale d'accesso dalla pianura al Santuario di Castelmagno [1] ).
Figure caratteristiche nei piloni posti ai bordi dei paesi e delle frazioni sono i Santi invocati contro pestilenze e malattie portate da viandanti, come San Rocco, Sant'Antonio Abate e San Sebastiano.
Santi patroni del mondo agricolo sono: San Magno, San Grato, San Marco, santi ricorrenti nei piloni rogazionali.
Numerosi sono inoltre i santi legati alla sfera familiare come, oltre la Madonna, Sant'Anna e San Giuseppe o Santi i cui nomi vengono ripresi da membri della famiglia che ha fatto erigere il pilone.
Frequenti, nei piloni analizzati, sono le raffigurazioni di San Chiaffredo, milite della Legione Tebea, venerato a Crissolo[2] in Valle Po (con la quale la Valle Varaita confina a nord) e patrono della diocesi di Saluzzo e di San Bernardo d'Aosta, conosciuto nella zona come San Bernardo di Mentone.
Egli figura molto spesso sia sui piloni votivi sia sugli affreschi murali e sulle pareti delle cappelle.
San Bernardo di Mentone è considerato il protettore di tutti i viandanti della montagna poiché aveva incatenato i demoni che assalivano i pellegrini al passaggio dei colli.
Per meglio interpretare il messaggio iconografico, nelle pagine successive sono presentate delle brevi biografie di ciascun Santo e Santa incontrati nei piloni votivi analizzati.
Agnese.
Agnese di Roma è registrata nei repertori come vergine e martire della metà del III secolo [4] .
Nulla è noto della sua vita anteriormente al martirio.
La tradizione narra che, ancora fanciulla, respinse le proposte del figlio del Prefetto di Roma e per questo le venne imposto di scegliere tra il sacrificare alla Dea Vesta o l'entrare nel gruppo delle meretrici.
Agnese scelse la seconda via certa che nessun uomo avrebbe potuto attentare alla sua purezza.
In effetti così avvenne e solo un uomo particolarmente brutale tentò di sopraffarla, ma cadde morto ai suoi piedi.
Nuovamente processata, con la preghiera ridonò vita all'uomo e riuscì a convertire il Prefetto ed il figlio al Cristianesimo ma, accusata di stregoneria, venne egualmente martirizzata col fuoco o più probabilmente per decapitazione.
Il culto di Agnese è molto antico e già Costantina, figlia di Costantino il Grande, le fece erigere una chiesa sulla via Nomentana.
Nell'iconografia la Santa è raffigurata con l'agnello a simboleggiare l'affinità onomastica Agnese- Agna, e a ricordare la leggenda che narra come ella apparve ai suoi genitori otto giorni dopo la morte, accompagnata da due agnelli.
Per la purezza della sua esistenza è raffigurata circondata da candidi gigli.
La presenza di Sant'Agnese in un'unica raffigurazione (nicchia di borgata Barra) è probabilmente dovuta alla presenza di questo nome nella famiglia committente.
Alfonso De' Liguori.
Alfonso De'Liguori nacque a Marinella presso Napoli nel 1696[3] .
Dopo aver abbandonato l'attività forense, diventò sacerdote nel 1726, esercitando il suo apostolato in mezzo ai ceti più bassi e miseri della città e delle campagne.
Nel 1762 fu consacrato vescovo di S.
Agata dei Goti, carica che abbandonò dopo tredici anni per motivi di salute.
Morì in una casa del suo Ordine nel 1787.
Canonizzato nel 1839, papa Pio IX lo dichiarò nel 1871 dottore della Chiesa.
Sant'Alfonso scrisse infatti importanti opere di ascetica e di morale, prima fra tutte quella Theologia Moralis , che fu, fino a tempi recenti, dottrina ufficiale cattolica nel campo della morale e fondamentale testo di riferimento per i confessori.
Alla rigidità giansenista egli contrapponeva una concezione più indulgente e comprensiva dell'umana fragilità.
Fu autore anche di fortunate opere di edificazione, che ebbero grande divulgazione e popolarità.
Nell'iconografia Sant'Alfonso De' Liguori è raffigurato vestito da vescovo con il pastorale in mano e la mitra sul capo.
Attributo principale è il rosario, secondari sono l'ostensorio e il libro.
Sant'Alfonso De' Liguori è presente nel "Piloun San Guiaude" accanto a San Giovanni Bosco e San Giuseppe Cafasso.
Anna.
Anna, la madre di Maria non viene mai ricordata nei Vangeli canonici, ne parlano invece gli apocrifi della Natività e dell'Infanzia[5] Il Protovangelo di San Giacomo (II secolo) narra come Anna (dall'ebraico Hannah = Dio ha concesso la grazia) sposa del Galileo Gioacchino, dopo reiterate preghiere ebbe la gioia della maternità in età già avanzata.
Maria fu poi a tre anni consacrata al servizio del tempio di Gerusalemme.
Entrambi i genitori morirono poco tempo dopo.
Nell'iconografia è raffigurata con il manto verde, il colore delle gemme, poiché nel suo ventre è germogliata la speranza del mondo, Maria.
Raramente è rappresentata da sola: accanto a Lei ci sono quasi sempre la Vergine, bambina o adulta, Gesù Bambino o San Giovannino.
Anna e Gioacchino sono il simbolo della vecchiaia dalla quale fiorisce "l'eterna gioventù della grazia".
Sant'Anna è raffigurata con Maria bambina due volte ("Piloun San Giacomo o Pian Ciariere"a Calchesio e "Piloun San Guiaude" a borgata Martini) e sola sulla parete interna sinistra nel "Piloun meire di Dòou".
Antonio Abate.
Antonio Abate nacque intorno al 250 a Coma nel medio Egitto, da una famiglia cristiana benestante[6] .
Alla morte dei genitori si ritirò in un luogo vicino al suo villaggio per condurre vita eremitica, dedita al lavoro, alla preghiera e alla lettura delle Sacre Scritture.
La sua lunghissima vita la trascorse quasi interamente nel deserto.
Negli ultimi anni aveva accolto due monaci che lo accudivano nella sua vecchiaia: morì il 17 gennaio 356 e venne sepolto in un luogo segreto per sottrarre la sua salma agli onori.
La sua vita è un tessuto di prodigi, di lotte con il demonio, che lo resero uno dei Santi più venerati nel mondo cristiano.
Antonio è l'iniziatore della vita anacoretica, cioè della vita di solitari dimoranti nel medesimo luogo ma non legati da regole.
Si possono individuare due aspetti distinti nello sviluppo del culto popolare tributato a Sant'Antonio: uno che si riconnette alla fama di guaritore del Santo e l'altro che invece pone l'accento sul rapporto di tutela intercorrente tra Sant'Antonio e gli animali.
Oltre che come guaritore dell'Herpes Zoster , Antonio è invocato anche contro la peste, lo scorbuto e altre malattie che hanno manifestazioni analoghe al "fuoco di Sant'Antonio".
Nelle campagne è diffusissimo il culto di Sant'Antonio, invocato come protettore degli animali domestici e dell'agricoltura.
L'iconografia di Sant'Antonio è ricchissima: generalmente è rappresentato sotto l'aspetto di un vegliardo dalla lunga barba, avvolto nell'ampio saio monastico, spesso ha il capo coperto dal cappuccio.
Gli attributi che più sovente accompagnano la figura di Sant'Antonio sono: il bastone di eremita a forma di "tau" la crux commissa degli Egiziani alla quale attribuivano il valore di simbolo della vita futura, il maialino, il campanello e la fiamma.
Il porcellino, sempre raffigurato ai piedi del Santo, allude ad un privilegio dell'ordine ospedaliero degli Antoniani risalente al 1095 per il quale, i monaci potevano allevare maiali il cui lardo veniva impiegato nella cura del "fuoco di Sant'Antonio".
Il campanello allude al suono dei campanelli che servivano ad annunciare da lontano l'arrivo dei questuanti dell' ordine antoniano.
Il fuoco rappresenta l'herpes zoster, "il fuoco di Sant'Antonio".
Sant'Antonio Abate, con San Giuseppe e San Pietro è una delle figure più rappresentate sui piloni votivi analizzati (ricorre 11 volte).
Antonio di Padova.
Antonio di Padova nacque a Lisbona nel 1190-1195 ca.
da una nobile famiglia portoghese [7] .
A quindici anni aveva indossato la veste del noviziato nel monastero agostiniano di San Vincenzo a Lisbona, si trasferì poi a Coimbra dove studiò scienze e teologia, nel 1219 fu ordinato sacerdote.
Attirato dalla vita semplice e povera di alcuni francescani presenti nella chiesetta di Sant'Antonio Abate sul monte Olivares, decise di entrare nel romitorio dei Minori.
Partì, in seguito, per l'Africa per recarsi a fare vita missionaria, ma durante il viaggio si ammalò.
Costretto a ritornare in patria per farsi curare, il veliero che lo trasportava spinto da venti contrari lo portò in Sicilia dove fu curato dai francescani di Messina.
Da qui risalì l'Italia fino ad Assisi dove ebbe occasione di ascoltare San Francesco.
Fra il 1223 e il 1225 pose le basi della scuola teologica francescana insegnando nel convento bolognese di Santa Maria della Pugliola, proseguì i suoi viaggi nell'Italia del Nord e in Francia meridionale dove predicò contro le eresie.
Ritornato in Italia ricoprì la carica di Ministro della provincia d'Emilia fino all'anno precedente la morte.
Malato ed affaticato si ritirò nel padovano ospite dell'amico conte Tiso di Camposanpietro, il quale testimoniò di aver visto Sant' Antonio sorreggere estaticamente il Bambino Gesù.
Morì a Padova il 13 giugno 1231.
I primi caratteri iconografici di Antonio sono derivati da quelli di San Francesco: il saio, il libro sorretto dalla mano sinistra, il volto giovanile e glabro.
In seguito, col passare dei secoli, si aggiungono nuovi elementi, come la fiamma, simbolo dell'amore divino (XIV secolo); il ramo di giglio simbolo di purezza (XV secolo), il Bambino Gesù tra le braccia, allusione al fatto miracoloso testimoniato dal conte Tiso (XVI-XVII secolo).
Sant'Antonio è protettore delle messi, delle fanciulle da marito, degli orfani e dei bambini.
Il Santo viene inoltre invocato nelle più varie necessità della vita.
Sant'Antonio di Padova è raffigurato su tre piloni votivi, "Piloun Ro di Baro", "Piloun dla pauzo dal Quiot", "Piloun Champanez".
Bernardo di Aosta.
Secondo la più antica biografia del Santo, contenuta in un panegirico i cui manoscritti risalgono al XII-XIII secolo, Bernardo, arcidiacono d'Aosta (di Mentone o di Mont-Joux), nacque da nobile famiglia valdostana agli inizi del XI secolo8] .
Il suo zelo apostolico lo condusse a predicare fino a Novara e Pavia.
Morì a Novara il 12 giugno 1081.
Patrono dei montanari ed alpinisti è diventato celebre per aver fondato l'ospizio in cima al colle del Gran San Bernardo (dubbia quella del Piccolo San Bernardo) e per aver dato il suo nome ai cani che portano soccorso a chi si trova in difficoltà sulle Alpi.
Rare e non anteriori al XV secolo le raffigurazioni di San Bernardo (in abito bianco e pastorale): tutte, però, pongono in grande rilievo i suoi più comuni attributi.
Il più frequente è la croce a forma di "alpenstok" che ricorda ai fedeli la protezione esercitata dal Santo su tutti i viandanti della montagna.
Assai comuni sono anche la torre con una sola finestra, che rievoca la fuga di San Bernardo dalla torre in cui era stato rinchiuso dal fratello, e il demonio incatenato, posto a simboleggiare la sua vittoria sui malvagi spiriti delle cime alpine.
Fra gli attributi più recenti figurano una piccozza, un paio di sci e uno dei cani che del Santo presero il nome.
San Bernardo d'Aosta è raffigurato su tre piloni votivi, "Piloun Misoun-Quioupàn", "Piloun meire Couloumbiero", "Piloun San Bernard 'l viei".
Bernardo di Chiaravalle.
Notizie di San Bernardo di Chiaravalle, abate e dottore della Chiesa, si hanno oltre che dalle sue opere anche dalle Vitae scritte nel XII secolo[9] .
Nacque presso Digione, nel 1090 da famiglia di buona aristocrazia, nel 1112, con trenta persone della sua famiglia, entrò a Cîteaux.
Dopo soli tre anni, per la sua virtù ed austerità, fu scelto come abate di una nuova fondazione, carica che ricoprì per trentotto anni.
Nel 1115, con un gruppo di dodici monaci benedettini, fondò il monastero di Clairvaux (Chiaravalle).
Morì nel 1153 dopo aver fondato ben sessantotto monasteri.
Pochi Santi seppero accomunare due qualità considerate antitetiche: l'azione ed il misticismo.
La prima vide Bernardo sempre in prima fila, ascoltato e seguito da re ed imperatori, da papi e vescovi nelle lotte contro le eresie, nell'organizzazione della seconda Crociata da lui predicata per tutta Europa, nella riforma austera della Regola benedettina, nella predicazione.
Il misticismo ha in lui un campione di umiltà e di mitezza, di fervido ottimistico progresso spirituale nell'amore di Dio e nell'esercizio della carità.
Fu chiamato Doctor mellifluus, ad indicare la dolcezza che "fluiva dolce come il miele" dalle sue parole e dalle sue azioni.
Fu particolarmente devoto alla Madonna, per la quale lasciò un inno: Ave Maris Stella.
Fu santificato da Alessandro III nel 1174.
Nell'iconografia è raffigurato con il saio bianco e la tonsura, tra gli attributi, meno frequenti, ricorrono: gli strumenti della Passione e una ruota che ricorda una leggenda secondo la quale Bernardo vrebbe costretto il demonio a riparare il suo carro.
Più frequenti: un cane bianco, a ricordo di un sogno profetico fatto dalla madre, una mitra deposta ai suoi piedi , spesso appoggiata su un libro, simboleggiante il rifiuto opposto da Bernardo alla dignità episcopale, il pastorale abbaziale; un alveare, ad illustrare la denominazione di Doctor mellifluus, ed infine un'ostia che il Santo presenta al duca di Aquitania, scomunicato per aver parteggiato per l'antipapa Anacleto contro Innocenzo II.
Molte volte la devozione e la fama di San Bernardo di Chiaravalle, sostituiscono nell'iconografia popolare San Bernardo d'Aosta.
È il caso delle raffigurazioni di questo Santo nei piloni: "Piloun Se'd' Raie", "Piloun meiro di Duèo".
Caterina di Alessandria.
Le fonti letterarie e documentarie finora note che attestano la vita ed il culto di Santa Caterina di Alessandria sono piuttosto tardive[10] .
Secondo la narrazione, nel IV secolo l'Imperatore Massenzio recatosi ad Alessandria d'Egitto, dove, per celebrare un grandioso sacrificio, ordinò che tutti i sudditi, ricchi e poveri, immolassero tori ed uccelli agli Dei.
Caterina, bellissima principessa, già votata alla fede cristiana, si recò al tempio per rincuorare i cristiani e incitarli alla resistenza.
Giunta davanti all'Imperatore lo accusò di adorare il falso e di essere disposta a sostenere le sue affermazioni davanti a qualsiasi sapiente.
Massenzio, comandò che fosse condotta al palazzo, e dopo averle rivolto domande rituali, le propose di sacrificare.
Al rifiuto della giovane convocò retori e filosofi per contrastarla ma questi rimasero privi di risposte alle sue parole e conseguentemente, dopo essersi convertiti al cristianesimo, vennero mandati a morte.
A questo punto, l'Imperatore, dopo aver tentato, invano, di sedurla con offerte di matrimonio e di ricchezze, la fece rinchiudere in una prigione, dove fu nutrita da una colomba e visitata da Gesù e dagli angeli.
Sconcertato Massenzio, dopo nuovi rifiuti, su consiglio del prefetto Cusarsate, ordinò di sottoporla al supplizio delle ruote appuntite.
Ma Caterina fu salva per l'intercessione di un angelo e le ruote stritolarono una moltitudine di soldati pagani.
Dopo la conversione dell' Imperatrice e di Porfirio, ufficiale di corte, al cristianesimo, Caterina venne condotta nel deserto e decapitata; ma, appena compiuta l'esecuzione, arrivarono degli angeli che portarono il suo corpo sul monte Sinai (305) dove, in seguito, sorgerà un convento.
L'iconografia di Caterina si svolge in pieno accordo con le fonti letterarie e parallelamente al culto.
Gli strumenti del martirio (ruota e spada) e i segni della regalità e della saggezza (corona e libro) della vergine alessandrina sono serviti in ogni tempo a caratterizzarla: essi acquistano un assoluto valore distintivo solo nel tardo Medioevo, allorché il culto isola, elevandoli a simboli, alcuni attributi e l'iconografia della Santa raggiunge maggiore individualità.
Santa Caterina è raffigurata nel "Piloun dal Quiot" e nel "Piloun meiro di Bianc".
Costanza.
L'esistenza di Santa Costanza in un'unica raffigurazione ("Piloun San Guiaude" a borgata Martini) è probabilmente dovuta alla presenza di questo nome nella famiglia committente[11] .
L'affresco è molto deteriorato nella porzione centrale, non si riesce a capire di quale Costanza si tratti, l'unico indizio è dato dal nome scritto sotto la figura.
La Santa è raffigurata senza attributi del martirio e senza corona (che la ricondurrebbero a Santa Costanza d'Aragona), quindi può essere identificata sia con Costanza di Vercelli, sia con Costantina figlia di Costantino Magno.
Costanza di Vercelli[12] .
E' associata a Santa Esuperia.
Entrambe monache vissero nella prima metà del VI secolo, prima della discesa di Alboino, in virtù e santità.
Furono sepolte insieme nella basilica di Sant'Eusebio a Vercelli.
Costanza (Costantina[13] .
Secondo le testimonianze storiche, Costanza, figlia di Costantino Magno, fu donna astuta ed intrigante.
Sposa di Annibaliano prima e di Gallo poi, visse ad Antiochia fino alla morte nel 354, in seguito fu trasportata a Roma e sepolta nel mausoleo della via Nomentana, presso la basilica di Sant'Agnese, che aveva fatto costruire tra il 337 e il 350.
Nelle leggende agiografiche, invece, Costanza fu associata alla martire romana Agnese e presentata come Vergine consacrata a Dio e Santa, che convertì al Cristianesimo Attica e Artemia, figlie dell'ufficiale pagano Gallicano.
Francesco.
San Francesco è uno dei Santi più noti ed amati di tutta la cristianità[14] .
Nacque ad Assisi nei primi anni del 1182, da madonna "Pica" e Pietro Bernardone, facoltoso commerciante di stoffe.
Nel 1205 partì per la guerra in Puglia; in seguito abbandonò le truppe e ritornò ad Assisi.
Nel 1206 si convertì alla povertà e rinunciò, davanti al vescovo, ai beni paterni; nel 1210 a Roma ricevette da papa Innocenzo III l'approvazione verbale alla Regola dei Frati Minori.
Nel 1220 rientrò in Italia, dopo un viaggio in Egitto ed il martirio di alcuni suoi compagni; intanto Onorio III approvava ufficialmente la nuova Regola.
Nel 1224 Francesco ricevette le stigmate sul monte della Verna; ammalato, trascorse due mesi a S.
Damiano, nel convento di S.
Chiara, e qui compose il Cantico di Frate Sole.
Il 3 ottobre 1226 morì alla Porziuncola o Santa Maria degli Angeli.
Nel 1228 Gregorio IX lo proclamò Santo.
San Francesco è raffigurato vestito con il saio e la tonsura sul capo nell'atto di mostrare le stigmate e la piaga nel costato, alle volte viene raffigurato circondato da animali, soprattutto il lupo di Gubbio e gli uccelli.
Stupisce il basso numero di riproduzioni del Santo: solamente una nel "Piloun meire Couloumbiero", oltre tutto dubbia perché di difficile lettura.
Giacomo Maggiore.
Giacomo[15] , nativo di Betsaida, figlio di Zebedeo e Salomone, fratello di Giovanni l'Evangelista, è detto il Maggiore per distinguerlo dall'omonimo apostolo e cugino del Signore (S. Giacomo il Minore).
Fu chiamato all'apostolato insieme al fratello nella primavera o estate del 28 d.c. e partecipò a tutte le tappe più significative della vita pubblica di Cristo.
Secondo gli atti degli Apostoli, Giacomo, messosi a predicare il Vangelo, venne martirizzato nel corso delle persecuzioni di Erode Agrippa nel 42.
La tradizione vuole che prima di essere ucciso, Giacomo si fosse recato in Spagna per diffondere la parola di Cristo.
Il suo corpo sarebbe poi stato trasportato in Spagna e ritrovato dopo molti secoli, nel 830 ca.
, in una località della Galizia per la miracolosa indicazione di una stella.
Il luogo, detto Campus Stellae, divenne la città di Compostella.
Il ritrovamento servì da incitamento e motivazione agli lberici per combattere le invasioni dei Mori infedeli, San Giacomo, infatti, fu da subito considerato patrono della Spagna e campione della guerra contro i mussulmani.
A Compostella sorse il famoso santuario di Santiago (Jago è il nome spagnolo di Giacomo), meta frequentatissima dai pellegrini di tutta Europa sin dal Medioevo.
Nelle immagini del Santo più antiche, Giacomo è raffigurato come apostolo, in piena maturità, la barba fluente, con toga e mantello, talvolta con in mano il rotulo, il libro o la spada con cui fu decapitato.
Man mano che in Occidente prevale la leggenda di Giacomo pellegrino, evangelizzatore della Spagna e martire, le raffigurazioni in cui il Santo appare con la bisaccia, il bordone, il rocchetto, il cappello ornato da conchiglie (uno degli attributi più frequenti) si sostituiscono a quelle di San Giacomo apostolo.
Proprio la conchiglia sarà il distintivo di tutti i pellegrini diretti a Santiago.
Le raffigurazioni più caratteristiche della leggenda spagnola di Giacomo sono quelle che lo rappresentano come un cavaliere, simile a San Giorgio o ad altri santi guerrieri.
San Giacomo Maggiore è raffigurato su cinque piloni votivi.
Nel "Piloun San Giacomo o Pian Ciariere" di Calchesio il San Giacomo rappresentato, riportato come San Giacomo Minore[16] , presenta gli attributi di San Giacomo Maggiore.
Giovanna.
La genericità dell'unica raffigurazione riscontrata ("Piloun dla pauzo dal Quiot" borgata Barra) non permette di associare questo nome a nessuna delle almeno nove S.
Giovanna riconosciute dalla Chiesa[17] .
Probabilmente la figura è stata voluta più per assegnare una Santa al nome di una abitante della borgata, che non per devozione vera e propria, infatti nella religiosità locale il culto a Santa Giovanna è del tutto sconosciuto.
Giovanni Battista.
Giovanni, figlio di Zaccaria e di Elisabetta, cugina della Madonna, visse nel I° secolo in Palestina dove, dopo un lungo ritiro nel deserto, iniziò la sua missione di predicatore nel 28-29 d.
c.
lungo le rive del Giordano[18] .
Qui dava un Battesimo di pentimento per la remissione dei peccati, donde il suo nome di Battista o Battezzatore, e in tal modo battezzò Gesù.
Venne mandato a morte da Erode Antipa su richiesta di Salomé, mossa dalla madre Erodiade, offesa dalle parole di Giovanni sulla sua anomala condizione matrimoniale.
Il Vangelo di Matteo narra come il Battista fosse abbigliato con una veste di peli di cammello, con una cintura di cuoio attorno ai fianchi e si cibasse di locuste e miele selvatico.
Da questo ha origine la sua iconografia: viene infatti raffigurato a piedi nudi, con un vestito di pelli, di capra o montone, fissato alla spalla da una fibbia e porta l'agnello crocifero, raffigurato o in un medaglione o posato su di un libro o nell'atto di versare il suo sangue in un calice posto ai suoi piedi.
Tale raffigurazione simbolica deriva dalle parole, con le quali il Santo salutò il Cristo che veniva al battesimo: "Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" (Giov.
1,29).
Talvolta il santo regge solo una croce di giunco a cui è unita la scritta Ecce Agnus Dei o un favo di miele a ricordare la sua vita da anacoreta nel deserto.
Quasi sempre tiene il dito indice levato e proteso in avanti a significare la sua missione di annunciatore del Messia.
San Giovanni Battista è l'unico tra i Santi di cui si celebri la Natività e il giorno della morte, il suo culto è molto diffuso e popolare in tutto il mondo cristiano e a lui sono dedicate numerose cattedrali e chiese e gli sono consacrati soprattutto i battisteri.
In questa ricerca è presente in sei raffigurazioni.
Giovanni Evangelista.
Giovanni Evangelista[19] , figlio di Zebedeo e Salome, fratello di Giacomo il Maggiore, fu discepolo di Giovanni Battista.
Insieme ad Andrea, fratello di Pietro, e poi con gli altri apostoli ,seguì Gesù negli anni della predicazione.
Ebbe uno speciale posto nel collegio apostolico, una speciale intimità con Pietro e soprattutto una speciale intimità con Gesù, tanto da definirsi "il discepolo che (Gesù) prediligeva" (Giov.
13,23; 19,26; 20,2; 21,7,20).
Fu infatti tra gli intimi che accompagnarono Gesù nelle ore più solenni e, unico tra gli Apostoli si trovò ai piedi della croce.
Come ebbe speciale intimità con Gesù così l'ebbe con Maria, che Gesù dalla croce gli affidò ed egli prese con sé.
Secondo la tradizione Giovanni annunciò il Vangelo nell'Asia Minore, dove resse la Chiesa di Efeso e le altre comunità cristiane.
Anche se non subì il martirio come il fratello, adempì la profezia di Gesù di imitarlo nella passione, subendo la persecuzione a Roma di Domiziano (95 ca.
).
Dopo la morte dell'imperatore tornò a Efeso dove morì sotto Traiano, forse nel 104.
Fu il più giovane Apostolo e il più longevo, il più illuminato degli Evangelisti ed autore dell'Apocalisse.
Ha come simbolo l'aquila e, il più delle volte, è raffigurato giovane ed imberbe rispetto ai suoi compagni.
Nei piloni analizzati viene frequentemente rappresentato ai piedi della croce (sulla destra) con una coppa in mano da cui esce un serpentello o un minuscolo drago, in ricordo della coppa di veleno che fu costretto a bere da Aristodemo, sommo sacerdote di tutti gli idoli, narrata nella Passione di San Giovanni.
È raffigurato in tre piloni votivi: "Piloun meire Couloumbiero", "Piloun San Bernard 'l Viei" e "Piloun San Guiaude".
Giovanni Bosco.
Giovanni Bosco nacque ai Becchi, frazione di Castelnuovo d'Asti (oggi Castelnuovo Don Bosco) il 16 agosto del 1815 da Francesco Bosco e Margherita Occhiena[20] .
Rimasto a due anni orfano di padre, ricevette la sua educazione dalla madre e sperimentò ben presto le prime difficoltà della vita a contatto con il fratellastro Antonio, che non voleva che egli si dedicasse agli studi.
Dopo aver terminato le elementari ed il ginnasio, in soli quattro anni, nel 1835 poté fare la sua vestizione chiericale.
Tuttavia quelli furono tra gli anni più duri della sua giovinezza; per pagare la sua pensione come esterno, egli dovette, la sera, applicarsi ad ogni sorta di mestieri: calzolaio, ripetitore, garzone, caffettiere, falegname, apprendista fabbro-ferraio, sarto.
Quelle esperienze non furono inutili perché lo prepararono alla sua missione di fondatore di scuole professionali.
Nel 1841 ricevette l'ordinazione sacerdotale.
Per consiglio di San Giuseppe Cafasso, suo conterraneo e benefattore, entrò al Convitto Ecclesiastico di Torino, per perfezionarsi in teologia morale e prepararsi al ministero.
Fu là, che iniziò la sua missione di educatore dei giovani, sia con la parola che con numerosi scritti.
Erano ragazzi sbandati, figli di immigrati della prima rivoluzione industriale che aveva creato miseria e delinquenza e che Don Bosco cercò di difendere anche nel campo del lavoro.
Nel 1859 gettò le basi della Congregazione Salesiana (approvata nel 1869), scegliendo i soci tra i giovani e i chierici da lui stesso educati nell'oratorio di San Francesco di Sales.
Tuttavia non fu facile la sua impresa: si scontrava spesso con la cautela e le diffidenze del suo vescovo e con la politica anticlericale del governo piemontese e poi italiano, dominato dalla massoneria.
Nel 1872 fondò l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice per l'educazione della gioventù femminile.
Dopo di allora le congregazioni e opere salesiane si diffusero in tutto il mondo.
Una cura particolare, Don Bosco, la dedicò all'editoria, basti ricordare le due case editrici salesiane di livello nazionale, la Sei e la Elledicì.
Morì il 31 gennaio 1888, fu beatificato nel 1929 e canonizzato nel 1934 da Pio XI.
La poliedricità del suo ingegno ha un riscontro nella varietà delle espressioni dei suoi ritratti.
Iconograficamente San Giovanni Bosco è rappresentato sempre come appare nelle numerose fotografie che lo ritraggono (L'Oratorio di Don Bosco di Fedele Giraudi, economo generale dei Salesiani).
San Giovanni Bosco è presente in un'unica raffigurazione nel "Piloun San Guiaude" a borgata Martini vicino San Giuseppe Cafasso.
Giuseppe.
Giuseppe, della stirpe di Davide, fu sposo di Maria e padre di Gesù[21] .
I Vangeli di Luca e Matteo sono gli unici che parlano di Giuseppe narrando gli episodi della nascita ed infanzia di Gesù.
Dai Vangeli Apocrifi sappiamo che Giuseppe svolgeva l'attività di falegname, a quaranta anni sposò Melena o Escha; con la quale visse per quarantanove anni ed ebbe quattro figli.
Rimasto vedovo continuò il suo lavoro a Betlemme, qui lo raggiunse il bando del sommo sacerdote, che adunò a Gerusalemme tutti i vedovi della Giudea, per scegliere, tra essi, lo sposo della dodicenne vergine Maria.
La scelta fu affidata al Signore: ciascuno consegnò la propria verga che venne posta nel santuario; quando furono ritirate da quella di Giuseppe uscì una colomba (nel medioevo gli agiografi rielaborarono il racconto del Protovangelo di Giacomo facendo fiorire sul bastone dei gigli), fu il segno divino della sua elezione a sposo di Maria.
Due anni dopo avvenne l'Annunciazione ed in occasione del censimento dell' Imperatore Augusto Giuseppe si recò con Maria a Betlemme, qui nacque Gesù.
Il resto del racconto segue quello evangelico dalla fuga in Egitto, al ritorno a Nazareth e la vita della Santa Famiglia.
Giuseppe morì all'età di centoundici anni e fu sepolto nella tomba di famiglia.
Nella pietà popolare egli esprime l'immagine dell'uomo semplice, del lavoratore onesto e del padre che nutre e protegge la sua famiglia.
Iconograficamente è raffigurato o con gli attrezzi da carpentiere o con il bastone fiorito o con la lanterna o candela con cui il Santo illuminò la notte della Natività.
San Giuseppe, con Sant'Antonio Abate e San Pietro è una delle figure più rappresentate sui piloni votivi analizzati (ricorre tredici volte).
In tutte le immagini, il Santo, è sempre raffigurato con in mano un bastone fiorito.
Giuseppe Cafasso.
Giuseppe Cafasso nacque il 15 gennaio 1811 in Piemonte, a Castelnuovo d'Asti da una famiglia di tradizioni patriarcali[22] .
Dopo gli studi nelle scuole pubbliche di Chieri, dove dovette sopportare le canzonature dei suoi compagni per il fragile corpo affetto da rachitismo deformante, entrò in seminario e nel 1833 venne ordinato sacerdote a Torino.
Dopo l'ordinazione fu accolto nel Convitto Ecclesiastico.
Insegnò teologia morale per ventiquattro anni ispirandosi alle dottrine di Sant'Alfonso Maria De' Liguori quando in Piemonte dominavano ancora le dottrine rigoriste.
Insegnò anche catechismo fra i muratori ed i carcerati, ai quali dedicò per tutta la vita parte delle sue giornate.
Nel 1848 successe come rettore del Convitto al teologo Luigi Guala che lo lasciò erede del suo patrimonio, che Giuseppe Cafasso spese a soccorrere i poveri, i carcerati e le vocazioni popolari.
Pur essendo il consigliere dell'arcivescovo Fransoni nella Torino del Risorgimento, non volle mai avere cariche onorifiche, egli aspirava solo a soccorrere i deboli e i malati ed a consigliare ed aiutare il clero, soprattutto quello impegnato in opere di apostolato.
Morì a quarantanove anni il 23 giugno 1860, fu canonizzato da papa Pio XII nel 1947 e nominato patrono dei carcerati.
Con San Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, è uno dei tanti Santi piemontesi dell'Ottocento che hanno rivangelizzato la società industriale nascente svolgendo una funzione di supplenza sociale là dove mancavano istituzioni per la difesa, la cura e l'assistenza dei più sfortunati e deboli.
San Giuseppe Cafasso è raffigurato nel "Piloun San Guiaude" a borgata Martini, accanto a San Giovanni Bosco.
Grato.
Vescovo e patrono di Aosta (nella cattedrale ne sono conservate le reliquie in un'urna d'argento e rame dorato) vissuto nel V secolo tra il 450 e il 470.
Sulla vita di San Grato[23] si hanno poche notizie storicamente fondate.
Quando era ancora semplice sacerdote rappresentò il vescovo di Aosta , Eustasio, al sinodo di Milano del 451 sottoscrivendo la lettera che quell'assemblea inviò a San Leone Magno per condannare l'eresia di Eutiche.
Eletto vescovo, prese parte ad Agauno alla traslazione delle reliquie del martire tebeo San Innocenzo.
Ma la popolarità di San Grato risale solo al XII o XIII secolo, ed è del 1200 la Magna Legenda Sancti Grati del canonico Jacques de Cours.
Una di queste leggende racconta che San Grato con la forza della preghiera riuscì a convogliare in un pozzo tutta la grandine di un minaccioso temporale.
Un'altra tradizione vuole San Grato di origini orientali e lo ritiene scopritore del luogo dove Erode Antipa aveva fatto nascondere la testa di San Giovanni Battista.
Nell'iconografia è raffigurato in abito episcopale, nelle mani regge la testa decapitata del Battista, e a volte, ai suoi piedi è anche presente un pozzo nel quale grandina.
È invocato in tutto il Piemonte e la Valle d'Aosta come protettore dei campi e dei prodotti agricoli, liberatore dagli insetti nocivi e dalle calamità naturali, taumaturgo.
È presente in due raffigurazioni, una nel pilone di borgata Barra ("Piloun Ro di Baro"), l'altra nel pilone tra borgata Chiotti e Misoun ("Piloun Misoun -dal Verné").
Presente, forse, anche nel pilone tra Calchesio e Chioppano, e nel pilone delle meire Spanhol, pur essendo entrambi gli affreschi molto deteriorati e quindi di difficile lettura.
Lucia.
Su Lucia[24] ci sono pervenute due Passiones o narrazioni del suo martirio: la latina, molto fantasiosa, e la greca, più antica e forse non priva di episodi reali sebbene non siano assenti elementi leggendari.
Si narra- nella Passio greca - che Lucia, una fanciulla siracusana di illustre famiglia, si recò a Catania, nella chiesa di Sant'Agata, con la madre gravemente ammalata, per chiedere alla Santa il miracolo.
La madre guarì e Lucia tornata a Siracusa, decise di rinunciare al matrimonio per consacrarsi alla vita religiosa e cominciò a distribuire tutti i suoi beni ai poveri.
Accusata al consolare Pascasio come cristiana dallo stesso fidanzato, fu arrestata e condotta al tribunale.
Morì il 13 dicembre del 304.
Per spiegare il patronato di Santa Lucia sulla vista, una leggenda medioevale (che ricalca la storia di un'altra Lucia, terziaria di San Domenico), narra che, durante il supplizio, alla martire fossero cavati gli occhi e lei continuasse a vedere; in ciò ha origine, dal XIV secolo in poi, la rappresentazione di Santa Lucia con un piattino in mano su cui sono posati i bulbi oculari.
Il nome di Lucia ha assunto nel tempo diversi significati: è diventata un segno e una promessa di luce, sia la luce materiale che quella spirituale, è il luminoso annuncio della fine delle tenebre invernali.
Solitamente è raffigurata recante in mano un bacile o un piatto contenente i suoi occhi, altri attributi sono la palma e la lampada e meno frequenti il libro, il calice, la spada e il pugnale che conclusero il martirio, o le fiamme.
Nei piloni analizzati è presente in una sola pittura nella nicchia affrescata di borgata Barra.
Margherita.
Il nome di Margherita martire è frutto di un errore di traduzione della Passio greca, dove la Santa viene chiamata Marina di Antiochia di Pisidia[25] .
Con ogni probabilità non è mai esistita, tanto che nel nuovo martirologio il suo nome non e più citato.
Tuttavia, pur essendo tantissime le Sante con questo nome, è a lei che viene rivolto il culto e onorata la festa.
Nata ad Antiochia di Pisidia, nel periodo del regno di Massimiano e Diocleziano, rimasta orfana in giovane età, venne educata da una nutrice cristiana che le inculcò la dottrina del Vangelo.
Cresciuta e divenuta un'affascinante ragazza venne pretesa in moglie o come concubina dal governatore Olibrio.
Margherita si rifiutò dichiarandosi cristiana; da quel momento divenne passibile di torture e carcerazioni.
Venne processata e ferocemente torturata con degli uncini di ferro che le lacerarono i fianchi.
A questo punto Olibrio rinnovò le sue richieste e, ad un nuovo rifiuto la rinchiuse in una segreta.
Qui venne tentata dal demonio apparso sotto forma di drago, circondato da serpenti che minacciò di divorarla.
Con un solo segno di croce la martire si liberò dell'aggressore.
Nelle successive tradizioni, Margherita viene inghiottita dal drago ma riesce a liberarsi squarciando il ventre dell'animale con un crocefisso.
Per questi motivi viene raffigurata con una croce in mano, una corona di perle sul capo, un drago ai suoi piedi ed è invocata dalle donne incinte per ottenere un facile parto.
Nuovamente e vanamente torturata, fu condannata alla decapitazione; alle sue torture assistettero centinaia di persone che udendone le ultime preghiere si convertirono al cristianesimo e per questo vennero immediatamente martirizzate.
Santa Margherita è raffigurata in due piloni votivi: "Piloun Ro di Baro" e "Piloun dal Quiot".
Maria Maddalena.
Maria Maddalena è il simbolo della peccatrice redenta, della donna cosciente degli errori commessi e intenzionata a ripararli con la penitenza e il pentimento[26] .
In realtà la figura storica di questo personaggio è piuttosto confusa; nei Vangeli sono individuate tre persone distinte, ma non troppo, sulla cui identità, spesso, è stata fatta confusione.
Si conoscono dunque tre Marie: Maria di Betania, sorella di Marta e Lazzaro; Maria di Magdala che Gesù liberò da sette demoni e che per prima Lo vide risorto; la peccatrice anonima che, in segno di pentimento lavò i piedi di Cristo con le lacrime e li asciugò con i capelli.
Nella Chiesa latina il papa Gregorio Magno fu il primo a identificarle in una sola che chiama Maria Maddalena, mentre vengono distinte nella liturgia greca.
Di queste solo una, Maria di Magdala, fu partecipe e testimone della passione e della resurrezione di Cristo, ma il personaggio che maggiormente colpisce la fantasia popolare, è certamente la peccatrice e, forse, è a lei che ricorre l'immaginazione quando si parla di Maria Maddalena.
L'iconografia di Maria Maddalena si ispira sia al Vangelo che alla leggenda, che la vuole approdare a Marsiglia e convertire il principe del luogo e tutta la popolazione.
Oltre all'immagine della penitente dai lunghi capelli, Maria Maddalena appare ai lati della croce con la Madonna e San Giovanni Evangelista, oppure con il Cristo nella scena del "noli me tangere".
Spesso è rappresentata da sola con l'attributo del vaso degli unguenti che ricorda la sua funzione di mirrofora.
Nei piloni analizzati è presente nelle due scene della Deposizione di Cristo dalla Croce dei piloni votivi di borgata Barra "Piloun dla pauzo dal Quiot" e di meire Couloumbiero.
Michele Arcangelo.
Michele è l'Arcangelo guerriero, colui che, insieme a Gabriele l'annunciatore e Raffaele l'accompagnatore è il simbolo di tutti i puri spiriti[27] .
Di Michele parla la Bibbia, San Giovanni nell'Apocalisse lo pone a guardia del paradiso terrestre nella descrizione dell'ultima vittoriosa e definitiva battaglia contro Satana.
Inoltre, è Michele che accompagna le anime nel giorno del trapasso, per questo gli vengono dedicate le cappelle dei cimiteri e gli ossari.
Poiché nel giorno dei giudizio universale reggerà la bilancia del bene e del male è stato assunto come patrono dei commercianti e di tutti i mestieri che si servono della bilancia.
La presenza dei primi santuari di Michele in zone ad influsso bizantino conferma la provenienza di tale culto dall' Oriente.
Sono nate tre grandiose abbazie a lui dedicate: le Mont Saint Michel in Normandia, la Sagra di San Michele in Valle di Susa e San Michele del Gargano in Puglia, e numerose chiese in tutta Italia ed Europa.
Quanto detto giustifica l'iconografia che ritrae il Santo con le ali, vestito da guerriero con una corazza d'oro, la spada e con in mano una bilancia a piattelli, nell'atto di trafiggere un dragone (demonio).
San Michele Arcangelo è presente in un'unica raffigurazione nel pilone votivo da borgata Chiotti a Misoun ("Piloun Misoun -dal Verné").
Pietro.
Dai Vangeli sappiamo che Pietro (Simone) [28] , pescatore, nacque a Betsaida in Galilea, era figlio di Giovanni e fratello di Andrea, fu uno dei primi apostoli, dopo essere stato discepolo di Giovanni Battista.
Quando conobbe Gesù era già sposato, ma non si dice nulla della moglie (ne parlano gli apocrifi), mentre si narra la guarigione miracolosa della suocera (Mt. 8,14 sg.).
Pietro fa parte del gruppo degli eletti con Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo.
In lui, Gesù Cristo vide una delle colonne portanti dell'apostolato e a lui sono rivolte le parole (peraltro contestate dalla Chiesa Protestante) "E io ti dico che sei Kefa (Roccia) e che su questa roccia io edificherò la mia Chiesa….
Ti darò le chiavi del regno dei cieli, e ciò che tu abbia legato sulla terra sarà legato anche nei cieli, e ciò che tu abbia sciolto sulla terra sarà sciolto anche nei cieli" (Mt. 16,18 sg.) Pietro fu il primo Papa e a lui Gesù consegna simbolicamente le chiavi del regno.
Per questo viene sempre raffigurato con delle grosse chiavi nella mano destra e un libro nella sinistra.
Notizie della vita di Pietro dopo la morte del Signore ci sono date dal libro storico Atti di Apostoli i cui protagonisti sono Pietro e Paolo.
Sulla data del martirio gli antichi offrono indicazioni discordanti, segno della mancanza di una tradizione precisa.
Quello affermato più spesso è l'anno 67 d.
c.
I fatti essenziali della vita di Pietro, reali o leggendari, hanno generato una significativa serie di elementi iconografici: le chiavi, la barca da pescatore, il gallo, le catene, la croce.
San Pietro con San Giuseppe e Sant'Antonio Abate è una delle figure più rappresentate sui piloni votivi analizzati (ricorre dieci volte).
Rocco.
Benché Rocco sia stato, tra la fine del XV sec.
e l'inizio del XIX sec.
, uno dei santi più venerati del mondo cattolico, si hanno poche notizie precise sul suo conto[29] .
Lo si vuole nato a Montpellier (Linguadoca) nel XIV secolo, da dove, morti i genitori e spartiti i suoi beni con i poveri, partì in pellegrinaggio per Roma per pregare sulla tomba di Pietro.
Lungo il cammino si imbatté in un' epidemia di peste e, scoprendo la sua vocazione, anziché fuggire si dedicò alla cura dei malati.
A lungo si prodigò in tale opera finché, colpito dal morbo, si rifugiò lungo il Po, nei pressi di Piacenza.
Qui, fu raccolto e curato fino alla guarigione dal patrizio Gottardo Pallastrelli ch'egli convertì con il suo esempio.
Mori imprigionato a Montpellier, secondo alcuni, o sul lago Maggiore secondo altri, perché scambiato per una spia.
Da questa narrazione priva di elementi cronologici precisi, derivano tutte le biografie successive, eccetto quella che redasse nel 1478 il veneziano Francesco Diedo, governatore di Brescia (Vita Sancti Rochi).
Il culto di Rocco si diffuse nel Centro e nel Sud della Penisola, molti sono i comuni e le frazioni d'Italia che portano il suo nome, e moltissime sono le chiese, le cappelle e gli oratori a lui dedicati.
L'iconografia lo ritrae in abbigliamento da pellegrino, con la gamba ferita ed accompagnato da un cane.
È protettore contro la peste e patrono dei pellegrini e dei viaggiatori.
San Rocco è presente in un'unica raffigurazione nel pilone votivo di borgata Chiotti ("Piloun dal Quiot").
Sebastiano.
Di Sebastiano[30] quello che si conosce di storico (dalla Depositio martyrum del 354 ed da un passo di S.
Ambrogio nel commento al Salmo 118) si riduce al martirio, alla sepoltura in catacumbas, alla data della festività (20 gennaio), le altre notizie, leggendarie, provengono dalla Passio S.
Sebastiani (metà V secolo) composta da un romano.
Nella Passio si dice che Sebastiano nato a Milano (o a Narbona) da una famiglia cristiana, entrò nelle guardie pretoriane raggiungendo presto alte cariche.
Per la sua fedeltà e lealtà divenne gradito agli imperatori Diocleziano e Massimiano che lo chiamarono a far parte delle guardie personali.
Grazie a questa fiducia imperiale, Sebastiano poté svolgere per molto tempo un'azione efficace in sostegno dei cristiani in carcere e di propaganda tra le nobili famiglie e i magistrati.
La sua attività prodigiosa, ebbe notevoli successi, confortati da avvenimenti miracolosi.
Questa fervida attività cristiana non passò inosservata, sottoposto a giudizio dagli imperatori, fu condannato a morte mediante il supplizio delle frecce.
Trasferito in un "campo", legato nudo ad un palo, venne colpito da tante frecce.
Credendolo morto i carnefici lo abbandonarono, ma i cristiani, giunti di notte per dargli degna sepoltura, si accorsero che era ancora vivo.
Curato riacquistò la salute e si recò al tempio di Ercole per affrontare pubblicamente i due imperatori e per proclamare la fede in Cristo.
Diocleziano lo fece catturare ed uccidere tramite flagellazione.
In seguito il suo corpo fu seppellito presso la tomba dei SS.
Pietro e Paolo sulla via Appia in catacumbas.
La fama di San Sebastiano è legata alla protezione contro la peste, fama che condivise nel Medioevo fino al XVI secolo con Sant'Antonio, San Cristoforo,San Rocco e i Santi Ausiliatori.
Iconografia: San Sebastiano viene solitamente raffigurato nudo legato ad un albero o ad una colonna, trafitto dalle frecce, o, come un giovane di bel aspetto, vestito come un cavaliere con in mano una freccia, l'attributo principale del suo martirio.
San Sebastiano è raffigurato in due piloni votivi, ma non seguendo la tradizionale iconografia, nel pilone tra borgata Chiotti e Misoun è rappresentato come un giovane vestito di bianco e rosso con nella mano sinistra una freccia e nella destra la palma del martirio.
Più discutibile l'altra raffigurazione del Santo, nel pilone votivo di Ciampanesio, frutto di un rifacimento del 1997 identificato con la scritta "San Sebastiano", vestito sempre di bianco e rosso con nella mano destra un libro e nella sinistra la palma del martirio.
Simone.
Apostolo di Gesù, molti lo identificano con l'omonimo cugino del Signore più noto come Simeone[31] , fratello di Giacomo minore al quale successe come vescovo di Gerusalemme (dal 62 al 106 d.c.).
Fu martirizzato sotto Traiano nel 106 d.
c.
.
Le tradizioni conservate nel Breviario Romano, fan predicare Simone con San Giuda Taddeo in Egitto e Mesopotamia dove soffrirono insieme il martirio.
Nell'iconografia Simone è quasi sempre rappresentato con gli altri apostoli nelle scene della vita e morte di Cristo e della Vergine.
In Occidente, per influsso della Legenda Aurea , il suo martirio è rappresentato spesso in modo differente rispetto agli Atti apocrifi degli Apostoli; non appare sgozzato ma segato in due, perciò ha talvolta come attributo una sega.
L'esistenza di San Simone in un'unica raffigurazione ("Piloun dla pauzo dal Quiot" a borgata Barra) è dovuta, probabilmente, alla presenza di questo nome in un componente della famiglia che fece affrescare il pilone.
Vincenzo Ferrer.
Vincenzo Ferrer fu predicatore domenicano di grandissima notorietà, nacque a Valencia (Spagna) nel 1350, studiò e insegnò filosofia, logica e teologia a Valencia, Barcellona, Lérida e Tolosa[32] .
Nel 1374 fu ordinato sacerdote.
Quando la Chiesa si divise nel grande scisma di Avignone (1378-1399), Vincente Ferrer non riuscì a comprendere quale fosse la parte giusta e, spinto dal cardinale aragonese Pedro de Luna si schierò a fianco dei papi scismatici Clemente VII, prima, e Benedetto XIII ( Pedro de Luna), poi.
Con la sua predicazione riuscì a far aderire quasi tutta la Spagna alla Chiesa Avignonese.
Era il 1398 quando gli apparvero in sogno il Redentore, accompagnato da San Domenico e San Francesco, che gli affidarono il compito di evangelizzare il mondo.
Dopo questa visione, aderì alla chiesa di Roma e dal 1399 al 1412 attraversò tutte le vie dell' Europa occidentale dedicandosi con incredibile energia ad una predicazione durissima e severissima, tanto da venire in seguito raffigurato con le ali, simbolo dell'angelo dell'Apocalisse, con una fiamma sulla fronte e con in mano la tromba del giudizio.
Ad ascoltare Vincenzo Ferrer accorrevano folle molto numerose , i cosiddetti "disciplinati" o "flagellanti" che si ritrovavano attorno ai grandi predicatori del Medioevo.
Si prodigò per ristabilire l'unità della Chiesa peggiorata dopo il concilio di Pisa (23 marzo 1409), da cui uscì un terzo papa (Giovanni XXIII) e per l'unificazione della Spagna.
Morì a Vannes il 5 aprile 1419.
Egli viene invocato contro i fulmini ed i terremoti e infine si benedice l'acqua in suo onore (cfr.
Rituale Romano).
Nell'iconografia, oltre gli attributi sopra descritti, Vincenzo Ferrer viene anche raffigurato con una banderuola o una colomba o il sole o il giglio o una bandiera (quella dei predicatori della guerra santa che per farsi sentire utilizzavano il vento come mezzo in grado di trasportare la voce e, per individuarne la direzione, portavano con loro una banderuola).
Altre volte viene rappresentato sul pulpito, altre con ai piedi un cappello in ricordo del suo rifiuto delle dignità ecclesiastiche.
San Vincenzo Ferrer è presente in un'unica raffigurazione nel "Piloun San Bernard 'l Viei" alla borgata Roccia.
Santi Militi della Legione Tebea.
Con il nome di Militi della Legione Tebea[33] si identifica un gruppo di santi martiri appartenuti appunto a tale legione dell'esercito romano, stanziata in Svizzera nei pressi della attuale Saint - Maurice (Agaunum).
Secondo la tradizione, questi soldati, convertiti al cristianesimo, furono costretti a fuggire dalle loro basi per non sacrificare agli Dei pagani; alcuni di loro raggiunsero le Alpi (Valli cuneesi), ma qui vennero catturati e uccisi.
Secondo i martirologi del XVII secolo, essi sarebbero stati martirizzati nel territorio di Marsiglia presso il Rodano, sotto l'imperatore Massimiano.
I loro corpi furono scoperti dal vescovo di Sion, Teodoro, il quale eresse loro una basilica.
La tradizione non è però confermata da nessun dato certo, anzi, la tesi più verosimile è che il loro culto sia stato introdotto in questa regione da Ariperto (712) re dei Longobardi che fece costruire una chiesa abbaziale a Villar San Costanzo presso Dronero (Cn).
Sotto il nome di questi martiri della Legione Tebea si celano i santi "Mauri", (forse un gruppo di Mori appartenuti alla Legione), venerati a Colonia il 15 ottobre.
Nell'iconografia, i martiri della Legione Tebea sono raffigurati vestiti da militare, alcuni a cavallo, con il vessillo e la spada.
Nel corso della ricerca si sono incontrati: San Chiaffredo, la leggenda, riferita da Guglielmo Baldesano verso la fine del XVI secolo, raccontava di un Teofredo o Chiaffredo[34] o Jafredo (in dialetto Ciâfre o Ciafré), soldato della Legione Tebea di stanza in Gallia, fuggito in Piemonte e martirizzato a Crissolo nel 270, sotto Diocleziano e Massimiano.
Qui, nel sec.
XIV, un contadino trovò un sarcofago contenente un corpo che, dopo una rivelazione divina, venne identificato come quello del martire Chiaffredo.
Sul luogo sorse un Santuario.
San Chiaffredo è patrono della diocesi di Saluzzo.
Un'altra ipotesi identifica San Chiaffredo con Teofredo[36] , abate del monastero di Calmiliac presso Puy- en- Velay, ucciso dai saraceni tra il 728 e il 732 e venerato anche in Piemonte.
Nei piloni votivi analizzati San Chiaffredo è raffigurato cinque volte.
San Defendente, le vicende della sua vita e martirio seguono la leggenda degli altri Militi della Legione Tebea.
Di Defendente[36] sappiamo che dal XIV sec.
(1328) godeva di largo culto nell'Italia del Nord .
A Chiasso, Casale Monferrato, Novara, Lodi e in altre città e paesi se ne celebra la festa il due gennaio e gli erano intitolati oratori, altari e confraternite.
Si invocava contro il pericolo dei lupi e degli incendi.
San Defendente è presente in un'unica rappresentazione, nel "Piloun San Giacomo o Pian Ciariere" a Calchesio (borgata di cui è anche patrono).
San Maurizio, dalla Passio Martyrum Acaunensium di Eucherio, vescovo di Lione della metà del V secolo, sappiamo che Maurizio[37] era il capitano della Legione Tebea e, come i suoi compagni d'arme, subì il martirio a Saint- Maurice.
Si suppone che la leggenda risalga al vescovo di Octodurum (Agaunum) Teodoro, del IV secolo, che avrebbe adattato a un fatto avvenuto nella sua città il racconto di un Maurizio, uomo d'arme, martirizzato con settanta suoi commilitoni in una regione dell'oriente.
Il culto di San Maurizio si diffuse in Svizzera, nel Vallese ( abbazia di Saint-Maurice, VI sec.) e nei Grigioni (St. Moritz).
Nel 1591 le supposte reliquie del santo furono trasferite a Torino nella cappella della Sindone, avviandone la devozione anche nei territori dominati dai Savoia.
Già nel 1434, infatti, Amedeo VIII di Savoia aveva fondato la "milizia di San Maurizio", primo nucleo del futuro ordine cavalleresco dei S.S. Maurizio e Lazzaro (Mauriziano).
Nell'iconografia, San Maurizio si distingue dagli altri martiri della Legione Tebea per la "croce di San Maurizio" raffigurata sul petto.
San Maurizio è presente in un'unica raffigurazione nel "Piloun Casa Brada" alla borgata Roccia.
San Giuliano, protettore dei bambini, venerato nella parrocchia di Roccabruna (Cn) a lui dedicata, sorta sul luogo dove Giuliano[38] avrebbe subito il martirio.
San Giuliano è presente in un'unica raffigurazione nel "Piloun San Bernard 'l Viei" alla borgata Roccia.
San Costanzo, martirizzato (sempre secondo la tradizione popolare) nei pressi dell'attuale omonimo santuario vicino a Dronero (Cn); San Magno, protettore del bestiame al quale è dedicato l'imponente santuario di Castelmagno (Cn) in Valle Grana; Sono inoltre conosciuti altri martiri tebei, come San Avventore, San Risolutore, San Secondo, San Ponzio, San Sisto, San Vittore.

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